curiosità stroriche padovane  1°

LE  PORTATRICI CARNICHE
(Carla Silvestrin)

La straordinaria pagina delle Portatrici carniche, scritta tra l’agosto del 1915 e l’ottobre del 1917, è forse unica nella storia dei conflitti armati. La Zona Carnia, ove erano dislocati 31 battaglioni, aveva un’importanza strategica nel quadro generale del fronte, in quanto rappresentava l’anello di congiunzione tra le Armate schierate in Cadore alla sinistra, e quelle delle prealpi Giulie e Carso sulla destra. Costituiva quindi un importante difesa delle maggiori direttrici di movimento del nemico: quelle del Passo di Monte Croce Carnico e del Fella.

Furono dotate di un apposito bracciale rosso con stampato il numero del reparto da cui dipendevano. Il carico dei rifornimenti da portare alle prime linee, sui 30 – 40 kg e anche più.

L’età variava da quindici a sessant’anni, e nelle emergenze, venivano affiancate anche da vecchi e bambini. Se necessario, venivano chiamate ad ogni ora del giorno e della notte.

Ricevettero il compenso di una lira e cinquanta centesimi a viaggio, equivalenti a circa L. 6.000 lire di oggi. In tre furono ferite: Maria Muser Olivotto, Maria Silverio Matiz di Timau e Rosalia Primus di Cleulis. Maria Plozner Mentil fu invece colpita a morte.

La tempra e la fatica delle Portatrici
Queste donne avevano ereditato dal loro passato la fatica. Abituate da secoli per l’estrema povertà di queste zone, ad indossare la “gerla” di casa – che mai come in questo caso può rappresentare il simbolo della donna carnica – , ora la mettevano sulle spalle al servizio del Paese in guerra.

Fino ad allora l’avevano a caricata di granturco, fieno, legna, patate e tutto ciò che poteva servire alla casa e alla stalla. In questa situazione invece la gerla era carica di granate, cartucce, viveri e altro materiale.

“Anin, senò chei biadaz ai murin encje di fan” , “Andiamo, altrimenti quei poveretti muoiono anche di fame”.

 

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